giovedì, Giugno 01, 2023

L’uomo non può separarsi dagli altri

«Io non sono nel Cristo se non sono una sola cosa con tutti. La prima cosa richiesta alla preghiera cristiana è lo spirito di universalità. Nulla è più contrario al cristianesimo che il sottrarsi alla presenza degli altri. Tu e gli altri siete una cosa sola. Una dei caratteri fondamentali della vita cristiana è questo: l’uomo non può separarsi dagli altri».

La preghiera cristiana (1970), p. 2

Dov’è carità e amore, qui c’è Dio

La vita dei cristiani è una vita che deriva da una sola sorgente, da un solo principio “quasi formale”; lo Spirito Santo che vive in tutti noi perciò deve manifestare sempre più l’unità ontologica che è propria dell’essere nostro. Lo Spirito Santo non soltanto unifica le potenze dell’uomo, unifica gli uomini fra di loro in una Chiesa unica che è il corpo di Cristo, ma questa unità che è di tutta la Chiesa deve rivelarsi nell’attività sua propria. Se lo Spirito Santo ha creato una comunità cristiana, la comunità cristiana ora deve manifestare questa unità.

Come? Nell’amore, in un amore fraterno che dona a tutti gli stessi sentimenti, gli stessi pensieri, in un amore fraterno che fa sì che l’amore dell’uno prevenga l’altro, sia un amore preveniente, un amore per il quale ognuno è a servizio dell’altro. Sia dunque un amore vicendevole che si traduce nell’umiltà, nella benignità, nella pazienza, un amore che mai opprime, che mai possiede, ma invece si dona. Quando il dono è reciproco realizza davvero l’unità, perché se io donassi soltanto senza ricevere, io mi perderei; è vero che donando senza nulla ricevere, riceviamo sempre Dio; comunque non ricevendo mai nulla dalla comunità non si creerebbe veramente l’unità tra i fratelli, che si realizza nella misura in cui l’amore è reciproco; io mi dono e l’altro ugualmente si dona e io vivo nell’altro e l’altro vive in me. Ma tutto questo può avvenire a una condizione: che il nostro amore si incarni come l’amore del Cristo nell’obbedienza, nell’umiltà, nella pazienza, che sono il vero volto dell’amore cristiano.

Ecco perché nel capitolo XIII della Prima Lettera ai Corinzi Paolo dice che la carità è benigna, è longanime, è paziente, che la carità tutto sopporta, tutto spera; è una carità che non è mai vinta da alcuna cosa perché mai nulla aspetta, perché non è mai una risposta all’amore dell’altro; se fosse una risposta all’amore dell’altro sarebbe anche misurata dall’amore dell’altro e dal valore dell’altro; invece è misurata soltanto da Dio, che vive in te, dalla possibilità che dai a Dio di vivere in te.

Amore paziente, benigno, longanime, umile – come dice san Pietro -, un amore che non risponde all’ingiuria con l’ingiuria, ma nemmeno risponde con una benedizione alla benedizione dell’altro, perché l’amore che previene è sempre un amore gratuito: io non amo perché l’altro mi ama, amo perché amo come Dio, e proprio perché non aspetto nulla non può mai venire meno il mio amore per l’altro e non può nemmeno esservi una reazione contraria all’amore, se da parte dell’altro ricevo ingiuria. Come l’amore di Dio è una pura effusione di luce senza fine verso tutti, noi siamo stati chiamati a questo: a vivere l’eredità dei santi e l’eredità dei santi è Dio stesso. Dio che vive nel tuo cuore e Dio altro non è che l’amore.

(…) Questa vita composta in unità e nella pace è una vita in cui è presente Dio stesso; gli occhi di Dio riposano così sopra il giusto ed Egli ascolta le loro preghiere, cioè la vita dell’uomo non è più una semplice vita umana, è già il segno, il sacramento di una presenza del Cristo fra gli uomini, perché là dove regna l’amore, là dove si stabilisce la pace, quivi Dio è presente: dov’è carità e amore, qui c’è Dio. L’insegnamento ultimo di questa catechesi sembra precisamente questo: una vita di pace, di serenità, di benevolenza è già il sacramento di una divina presenza; i cristiani, già in questa vita, realizzano e danno agli altri la testimonianza di una presenza di Dio ed essi stessi vivono in questa divina presenza la gioia di una intimità divina, la gioia di una comunione che trascende il tempo e le cose; anzi, in questa comunione con gli uomini, l’uomo comunica già con l’Assoluto, l’uomo comunica con Dio.

Commento alla Prima Lettera di Pietro, pp. 94-97

Vivere negli altri (1957)

Debbo vivere negli altri più che in me; le gioie e le pene degli altri devono interessarmi più delle mie. Gandhi, quando il medico gli faceva delle medicazioni dolorose, continuava tranquillamente a parlare, perché il suo dolore gli era più lontano dei dolori di tutti.
Il modo di liberarci dei nostri dolori è di sentire quelli degli altri. 

Ritiro a Firenze, 21 luglio 1957

Un amore senza confini (1986)

La mia vocazione come cristiano mi impegna prima di tutto a vivere la missione di Gesù per la quale io non posso accettare di vivere in una comunità ristretta: “Si sta bene insieme, gli altri lasciamoli fuori”. Oppure: “Si sta bene nella Chiesa, gli altri – i musulmani, i comunisti – buttiamoli via!”.

No, l’amore di Dio, l’amore del cristiano non può conoscere limiti e confini, ma tutto deve abbracciare.

Esercizi spirituali a  Paestum (SA), giugno 1986

Solo l’esempio (1994)

Sono di nuovo a San Sergio (…). “… e non giudichi il suo prossimo”. Non so riprendere e vedo intorno a me tante cose da correggere, e sento di dover insegnare.

Ma solo il mio esempio può insegnare e correggere.

Figli nel Figlio (diario), 8 agosto 1994

Prima ancora (1956)

La Comunità non è soltanto un impegno ad ascoltare delle prediche o a dire certe preghiere – è un impegno di carità fraterna prima ancora di essere un impegno di recita di alcune preghiere. Perché in fondo la nostra unione con Dio non si realizza con la recita di alcune preghiere, ma nella carità.

Adunanza a Firenze, 6 gennaio 1956

La legge della carità (1961)

Per vivere la legge della carità, una legge di carità che non ci rende estranei a nulla, si impone di realizzare nella propria vita la vita dell’universo. Nulla di più, nulla di meno.

Io non posso accettare di essere semplicemente ‘io’; non lo posso, non lo voglio. In me tutto l’universo deve vivere e deve acquistare una voce. In me, in quanto io sono nel Cristo, tutto quanto l’universo diviene uno.

Adunanza a Firenze, 1° ottobre 1961

La gelosia (1989)

La gelosia dell’uomo! Ci sembra che quello che Dio dà agli altri lo sottragga a noi, e allora siamo gelosi della scelta di Dio.

Ma, se tu ami, quello che è dei tuoi fratelli è tuo, perché tu e i tuoi fratelli siete uno.

Ritiro a Firenze, 16 aprile 1989

L’amore che salva (1975)

 Ogni tuo giudizio esclude l’amore. L’amore è unità e deve trascendere ogni opposizione. Solo un amore che trascende ogni opposizione è un amore che salva; solo questo amore è l’amore di Dio.

Colui che si divide, si divide dall’Amore, si divide da Dio.

L’attesa, 16 aprile 1975 (II edizione, pag. 220)