Meditazioni Varie
«Dobbiamo capire che la fede è sempre un miracolo, ed esige da noi il superamento di ogni timore e la sicurezza nella potenza di Dio che vive nei nostri cuori. Sarebbe davvero non solo ingenuo, ma anche colpevole, pensare che vi possa essere in noi una capacità di compiere quello che umanamente parlando è impossibile all’uomo. E tutto quello che Dio ci chiede è quello che è impossibile all’uomo.
Ogni cristiano deve osare l’impossibile, e non solo può, ma è obbligato a osare, se crede in Dio».
Circolare del Notiziario, settembre 1999
«Uno che sa scrivere, sa darla ad intendere. Ve lo dico io che scrivo tanto: dai miei libri sembra che io sia chissà chi, poi quando mi si conosce, ci si accorge chi sono: un pover’uomo. Non vogliamo certamente ingannare, ma siamo portati naturalmente e quasi senza accorgercene a farci belli con le belle frasi e i bei discorsi».
Dio solo e Gesù crocifisso (1985), p. 15
«Prima è il silenzio che raccoglie l’uomo dal turbinio di pensieri, poi il silenzio nell’ascolto della parola di Dio che ti chiama e finalmente il silenzio che stabilisce l’uomo nel riposo di una comunione perfetta».
Cento pensieri sulla conoscenza di Dio, n. 92, p. 98
«Stamani mi domandavo se la Parola di Dio era veramente per me la Parola di Dio. È Dio veramente che mi parla o sono io che mi fingo di ascoltare un altro, mentre ascolto solo me stesso? Mi domandavo: e la mia preghiera è veramente la mia parola rivolta a Dio, o non piuttosto rivolta a me stesso? Spesso la vita religiosa non è forse come irreale, senza vero contenuto, come un girare intorno a se stessi? (…).
Senza dubbio queste domande sono retoriche, ma dobbiamo ripetercele continuamente, perché non sia retorica la vita».
Battesimo di fuoco, p. 181 (6 novembre 1967)
Via via che avanzano gli anni, tu sei più povero, più solo. Non so come avvenga: la desolazione più profonda e la povertà più indifesa ti accompagnano e sembrano identificarsi con la pace più profonda e la gioia più pura.
Battesimo di fuoco, p. 62, 7 febbraio 1967
«Nessuno di fatto può vivere veramente in me, né io posso vivere in alcuno.
Senza Dio l’essere umano è in esilio, e l’esilio è l’inferno».
In Cristo, p. 21 (3 marzo 1981)
“Credete voi che vivere nella verginità voglia dire di per sé essere santi? … Quante sono le anime che nella verginità hanno soltanto un impedimento alla carità! Hanno soltanto, non certo una causa, ma una occasione di maggiore peccato: di egoismi, di ambizioni, di pettegolezzi stupidi! (…).
Chi della castità non fa un mezzo di amore perfetto, ne fa un mezzo invece di rimpicciolimento, di inaridimento di amore; diventa peggiore di chi vive nel matrimonio”.
Esercizi spirituali a Firenze, 16-18 luglio 1958
«Il nostro apostolato è vasto e tende a risanare, elevare, divinizzare l’uomo, non l’uomo soltanto che per ufficio è sacro, ma ogni uomo, ogni professione umana e, per mezzo dell’uomo, tutto il mondo, anche attraverso la tecnica. Questo è il compito più grande che lo Spirito Santo affida ai movimenti religiosi moderni: un nuovo tipo di santità, la “santità profana”, come dice il Maritain.
La santità non deve essere soltanto di quelli che per istituto giuridico sono consacrati a Dio. Non deve bastare agli altri una devozione comune: la santità deve essere per tutti».
Adunanza del 13 aprile 1947 a Firenze
La nostra vocazione è terribile perché può farci dei farisei, invece che farci somigliare a Gesù: dei farisei che si sentono puliti nei confronti degli altri che sono sudici, che si sentono buoni nei confronti degli altri che sono maledetti. È terribile questo! La nostra vocazione cristiana deve, sì, farci più santi, ma il farci più santi implica il crescere di un amore che, come ci fa una sola cosa con Dio, così ci fa una sola cosa con tutti gli uomini, cosicché io non posso sentirmi più diviso da alcuno.
Esercizi spirituali a La Verna, 6 agosto 1980
Chiudersi e rifiutarsi a ogni sensibilità per una purezza totale non potrebbe essere un rifiuto anche all’amore?
Pensieri extra vaganti n. 57
Mi sembra come se tutto avessi sbagliato, eppure mi sembra anche che non avrebbe importanza se avessi fede.
L’acqua e la pietra (diario), p. 133 (29.4.1966)
Miei cari fratelli, l’evoluzione, il progresso non è necessariamente solo in un senso; non è detto davvero che il tempo per sé realizzi un processo di bene. La libertà dell’uomo può mettere sempre in pericolo ogni acquisizione che l’umanità abbia compiuto, così come ognuno di noi può mettere in pericolo la propria salvezza, anche se per anni e anni è rimasto fedele al Signore
Le responsabilità dei preti, II ediz., San Paolo 2010, p. 76
Ogni spiritualità d’élite è anticristiana. Se la Comunità divenisse una chiesuola e noi stessimo a guardarci l’un l’altro, per benino, mantenendo lontani tutti coloro che non fanno parte della Comunità, praticamente non vivremmo più vita cristiana. Potremmo vivere una vita spirituale (spirituale in senso umano, non spirituale dallo Spirito di Dio), spirituale e nobile quanto si voglia, ma non più una vita cristiana (…).
Dio non ci santifica e non ci salva individualmente, ma in quanto siamo legati fra noi, perché Egli ha amato e ama un popolo che è la sua Chiesa. È la sua Chiesa che Lo conosce e Lo serve. Noi dunque Lo conosciamo e Lo serviamo in quanto facciamo parte di lei, in quanto, in qualche modo, ci identifichiamo a lei.
Ritiro a Casa San Sergio (FI), 17 gennaio 1965
Dobbiamo temere della santità troppo santa, perché è difficile che non sia un vestito che l’anima si dona, è difficile che non importi un ripiegarsi su se stessi, un dare più peso a quel che appare all’esterno che a quello che realmente è.
I santi veri sono stati sempre difettosi.
Ritiro a Firenze, 15 febbraio 1959
Tremendo impegno d’amore quello della carità fraterna! Il pericolo per noi può esser quello di crederci anime più impegnate delle altre e di contentarci di una unione stabilita fra noi, mentre questa unità fra noi è soltanto per darci più forza per amare.
La Comunità dei figli di Dio non è un’unità definitiva onde si possano escludere gli altri. Lo spirito di corpo è sempre una cosa che divide, e questo è il pericolo di tutti gli ordini religiosi: il pericolo di chiudersi.
Ritiro a Firenze, 21 luglio 1957
Conoscere Dio! Come è fiacco in noi il desiderio della divina visione, in noi che ci sentiamo così ciechi alle cose divine!
La frenesia della vita attiva è una giustificazione di un mondo che cerca di fuggire se stesso, cerca di contentare Dio, senza volerne vedere il Volto perché dispera di saperlo trovare, perché dispera di poterlo vedere.
Verso la visione, p. 73
“Non ci profanare”, dice la voce del ruscello, dice il colore di un tramonto, dice lo scrosciare della pioggia: “non ci profanare, noi tutti cantiamo il Signore”.
Sentite questo? Come spesso siamo superficiali e distratti! Come troppo spesso noi profaniamo le cose! Profaniamo questo universo perché non sentiamo attraverso l’universo questa divina Presenza, questo mistero di Dio che grava, che incombe, che è presente.
Ritiro a Viareggio, 16 gennaio 1957
Noi abbiamo sempre una mentalità pagana e tendiamo a canonizzare chi sta in alto e non vediamo i santi che ci stanno vicino.
Per esempio, anche nella nostra Comunità ci sono delle anime che nessuno considera, stanche magari, avanti negli anni. Come dovrei gettarmi ai loro piedi! Sono anime che vivono veramente una loro mortificazione nei riguardi sia dei figli, sia della salute; per noi non hanno nessun peso, ma ne hanno uno grande di fronte a Dio.
Io sono una grancassa, forse non troppo stonata, ma sempre una grancassa; invece queste anime, che sono ai margini, sono il cuore della Chiesa e della Comunità.
Esercizi spirituali a Muzzano (BI), 2-6 agosto 1986
Non chiudere la Chiesa in un ghetto: la sua tradizione è il fiume che raccoglie tutte le acque e le porta al mare. Quello che il passato ha consegnato al mondo e rimane vivo nella coscienza dell’umanità, tutto fa parte della sua tradizione.
Pensieri extra vaganti, n. 74
Noi risponderemo alla nostra vocazione nella Comunità se saremo Gesù; non saremo mai figli di Dio se non saremo il Figlio.
L’entrare nella Comunità è veramente l’impegno a trasformarsi in Cristo.
Ritiro a Firenze del 6 ottobre 1957
Come vorrei, davvero, sparire anche per voi! Come io sento che sono d’impedimento alla vostra santità! Come io sento che, forse, sarebbe una grazia se Dio stesso mi togliesse di mezzo e voi potreste andare più direttamente al Signore!
Vi cullate di belle parole, come io mi cullo di bei discorsi. Quando veramente si incomincerà a vivere una nostra imitazione del Cristo? Quando si incomincerà a vivere veramente, con sincerità, alla sequela di Colui che ci ha insegnato soltanto una cosa: a morire di amore?
Esercizi spirituali a Greccio (RI), 9 Agosto 1969
Dio non ci può amare finché vogliamo essere amati per qualche cosa, perché Dio non può amare che Sé: il suo amore, per essere vero, è necessario che sia gratuito.
È molto meglio essere delle pubbliche peccatrici, delle donne di strada, che delle anime pie, consapevoli di una loro virtù, soddisfatte di una loro giustizia.
La fede nell’amore, pp. 109-110
Per arrivare ad essere uomini, bisogna passare attraverso le crisi della pubertà e della giovinezza. Anche la vita spirituale nel suo cammino sembra passare attraverso delle involuzioni.
Anche nella preghiera dal fervore si passa all’aridità: diveniamo aridi come una pietra, secchi come un legno secco. Non si riesce più a dir nulla, non si riesce più a pensare.
Siamo dunque perduti? Probabilmente, al contrario andiamo avanti: è così che si va avanti. In ogni vera crescita passiamo attraverso numerose crisi, perché la nostra vita interiore, la nostra stessa preghiera si possa approfondire, si purifichi, divenga meno legata al sensibile e più spirituale.
Introduzione ai salmi, p. 96